Le allucinazioni che fanno teatro
Abbiamo incontrato Nanni Garella, per caso a Bologna tra una piazza e l’altra della sua tournée con Platonov (produzione dell’Arena del Sole in collaborazione con Ert).
Non vuole parlare di sé il regista. Il tempo che può dedicarci vuole spenderlo per informarci sulla miracolosa avventura di Arte e Salute, una compagnia stabile di attori, formata dagli ospiti del Dipartimento di Salute Mentale Ausl di Bologna, che lui dirige.
Ci racconta di quando trent’anni fa, con alcuni amici psichiatri, tra cui Filippo Renda e Ivonne Donegani, fantasticavano sulla possibilità di creare una compagnia stabile formata da ragazzi con disagio mentale. All’epoca non avevano le possibilità, né i mezzi, per realizzare il loro sogno.Vent’anni dopo, nel 1999, si rincontrano. Sono diventati dei professionisti affermati e riconosciuti, e forse adesso potranno permettersi di dare vita a quel progetto.
Decidono di iniziare, quello stesso anno, un corso di formazione con lo scopo di creare una compagnia teatrale composta da pazienti psichiatrici: “L’idea originale era di evitare di fare teatro terapia, percorsi interessanti ma che rimangono all’interno di una cura”.
Il loro obiettivo era quello di dare a queste persone degli strumenti tecnici, validi per poter lavorare come professionisti. Ci sono riusciti. Questi attori ormai da sette anni vengono scritturati per mettere in scena degli spettacoli. Proseguono anche un lavoro di formazione permanente nel quale sono stati inseriti, negli anni, anche altri pazienti. Il nucleo primario tuttavia è rimasto sempre lo stesso, un segno evidente che le attività svolte da Nanni, e dai suoi collaboratori, hanno funzionato bene. “I nostri ragazzi, che vanno dai 25 ai 50 anni, hanno raggiunto una grande maturità, prima che artistica, umana. Si sono riappropriati di un pezzo di vita che gli era stato strappato. Hanno potuto continuare il percorso interrotto con l’inizio della loro malattia che solitamente si presenta nell’adolescenza, quando si arrestano percorsi di studio, rapporti d’amore, rapporti familiari. A loro non fa bene fare il teatro, gli serve solo avere un impiego che significhi responsabilità, guadagnare dei soldi, potersi affrancare quindi dalla dipendenza da famiglie o da sussidi pubblici. Riescono così a vedere la loro vita con altri occhi, hanno delle prospettive, ora”.
Questo risultato è dato dal fatto che applicano alla lettere il principio secondo il quale i malati di mente, i pazienti psichiatrici, sono jameshallison casino uomini e donne disagiati che possono riuscire a convivere con la propria sofferenza, come chi ha un’altra patologia, come un diabetico: “Vivono compatibilmente con la loro malattia. Basaglia ha toccato un elemento fondamentale per far sì che questo processo avvenga, cioè il lavoro. Il teatro semplicemente facilita questo processo perché ci sono gli applausi, i riconoscimenti, il successo, il calore del pubblico”.
Con i suoi attori Nanni si rapporta come con qualsiasi altro professionista, l’unica differenza metodologica sta nel maggior tempo che spende per il lavoro di drammaturgia. Cerca di far rivivere la nascita del testo, le ragioni, lo studio dei personaggi, per consentire un aggressione e una memorizzazione più spontanea. Arte e Salute è una compagnia che oggi riesce a produrre uno spettacolo nell’arco di due mesi, come qualsiasi altro gruppo.“Gli attori hanno una grande capacità di immedesimarsi nel personaggio, dovuta dal fatto che sono abituati, a causa del loro disturbo e della psicoterapia, a scavarsi dentro in profondità. Una scoperta dei testi, delle drammaturgie, dei personaggi, che avviene quasi sempre attraverso quella strana conoscenza che è il processo allucinatorio, tipico delle loro patologie. Usare queste allucinazioni per avere delle intuizioni. Anche Pirandello soffriva di allucinazioni ed è risaputo che attraverso le allucinazioni sono nate opere d’arte di grosso rilievo in tutte le parti del mondo. Una delle forme specifiche della conoscenza della realtà attraverso l’arte è proprio un processo allucinatorio”.
In primavera presenteranno, sul palcoscenico dell’Arena del Sole di Bologna, tre atti unici di Pinter: Il bicchiere della staffa, Il linguaggio della montagna e Party time. Sono quelli più duri, più politici, più forti. Aprono le porte di un mondo di violenza, di reclusione, di sopraffazione, di dittature. Secondo il regista, gli attori di Arte e Salute riusciranno perfettamente ad inscenare Pinter: “Perché loro, quando si tratta di dare spessore di realtà a delle situazioni, sono impareggiabili. Diventano pasoliniani quando fanno Pasolini, pirandelliani quando fanno Pirandello, Shakespeariani quando fanno Shakespeare…”.
Prima di lasciarlo ai suoi impegni, gli chiediamo di raccontarci un episodio, un aneddoto, che possa riassumere i dieci anni di attività con la compagnia:“Quando abbiamo lavorato per mettere in scena Vita di Galileo di Brecht, bisognava anche far capire ai ragazzi quali erano state le scoperte di Galileo, su cosa lavorava. È facile dire che la terra gira intorno al sole, o parlare dell’universo così, tanto per parlare. Queste cose molte persone le ignorano, non è che non le capiscono. Mirko, che è il più piccolino dei nostri attori (è arrivato che era un ragazzino), faceva la parte di Andrea Sarti, l’allievo di Galileo. Una sera mi chiese: Nanni scusa, ma la terra gira intorno al sole ancora oggi? Ho capito in quel momento che se riuscivo a spiegare a Mirko che la terra sì, gira intorno al sole, l’avrebbe capito anche il pubblico. Questo lo dico perché, a parte la frase divertente che può uscire solo dalla bocca di Mirko, è attraverso il loro sguardo e le loro domande che alle volte ripenso alla natura del teatro, dei personaggi, alla sostanza dei testi, a quello che dicono. Troppo spesso facciamo le cose meccanicamente, senza capirne il senso. Invece le persone che hanno delle forti difficoltà, dei malesseri di fondo, anche le personefisicamente disabili, ragionano in un altro modo perché fanno più fatica, ma nel fare più fatica si pongono delle domande che noi non ci poniamo, portandoci quindi a fare delle digressioni, andando in strade sconosciute che vanno fuori dalla nostra quotidianità, boschi e foreste lontane dove loro scoprono delle cose che poi spesso ci raccontano. Noi il più delle volte non ci crediamo, ma loro le vivono davvero. In realtà il loro sguardo è un sguardo interrogativo, assolutamente ingenuo, però molto penetrante sugli oggetti della realtà. Per l’arte questo è importantissimo perché significa focalizzare i punti su cui bisogna lavorare, le cose che bisogna far venire fuori. Insomma badare alla sostanza e poche chiacchiere!”.
Antonio Raciti